PAROLA ALL’ASSOCIATO – DANIELE FERRERO, AMMINISTRATORE DELEGATO DI VENCHI
Ci può raccontare come è nata Venchi?
Venchi è un marchio storico del settore, con più di 140 anni sulle sue spalle. L’azienda è, tuttavia, de facto rinata 22 anni fa, con l’ingresso da parte mia e di altri soci privati nel capitale sociale e la conseguente ristrutturazione. Da allora, nei primi 10-12 anni della nuova gestione l’impresa si è posizionata come produttore e wholesaler di cioccolato di alta gamma. Dal 2008, poi, ci siamo invece “retailizzati” ed ora utilizziamo il punto vendita per ritualizzare tanti momenti di contatto con il consumatore.
Quali opportunità vede oggi nel travel retail? È ancora il canale vincente in cui investire?
Di fatto la nostra retailization è davvero stata avviata a partire dal canale del travel retail in Italia, dapprima negli aeroporti, poi nelle stazioni e nei centri città turistici. Oggi abbiamo saturato le opportunità nel travel retail italiano; tuttavia, riscontriamo grandi possibilità nei mercati fast growth, a partire da quello cinese. Per esempio, abbiamo recentemente vinto la gara per una subconcessione presso l’aeroporto cinese di Hongqiao, scalo domestico di Shanghai, ove rappresentiamo anche il primo caso di ingresso di un marchio di confectionery non cinese.
Qual è stato l’impatto del Covid sul vostro modello di business? E quale la risposta?
Nessuno di noi si sarebbe mai immaginato l’arrivo del Covid, che ha massacrato il commercio mondiale e, più nello specifico il travel retail, generando un impatto globale senza precedenti. Noi, per fortuna, ci siamo in parte salvati, grazie, in prima istanza, al mercato domestico, che ha continuato ad operare pur senza la componente a volumi di turisti. A partire da questa situazione, la nostra risposta al Covid è stata articolata e sviluppata lungo varie fasi. In un primo momento c’è stato da parte nostra un approccio “emotivo”, in cui sostanzialmente si è trattato di esercitare leadership verso i nostri dipendenti, rassicurandoli sulla tenuta gestionale e commerciale dell’azienda. Una volta fatto ciò, ci siamo quindi diretti al mondo esterno: ad aprile/maggio avevamo già scommesso sull’arrivo di una soluzione, il vaccino. Di conseguenza l’azienda ha riallacciato i programmi in fieri, adottando una visione chiara in termini di lancio di nuovi prodotti, ricerca e sviluppo, assunzioni, posizioni chiave, aperture di nuovi negozi: quest’anno aggiungeremo al nostro network 31 nuovi negozi, di cui 24 in Asia. E il primo atto di coraggio è stato proprio su Wuhan, laddove tutta la pandemia è partita: anche dopo la diffusione del Covid nella città abbiamo deciso di procedere con l’apertura di un negozio in un mall, che dalla fine di marzo è ora finalmente aperto al pubblico.
Che supporto ATRI può fornire alla sua azienda?
Secondo me un’associazione italiana del travel retail ha una grandissima giustificazione ed è assolutamente necessaria, tanto più che parliamo di un argomento trasversale, che riguarda aeroporti, stazioni e anche centri città e tanto più in un Paese a vocazione turistica quale il nostro. Da qui l’importanza di portare anche a livello istituzionale gli interessi economici congiunti in questo ambito, che ha una ricaduta enorme sul paese.
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