“La pandemia pesa, inutile negarlo. Ma già nei mesi scorsi, ad ogni riapertura delle attività, abbiamo registrato un rimbalzo. Segno che il consumatore è reattivo. Sarà pratico il web, ma le persone seguono le persone, desiderano i negozi, non hanno paura dei centri commerciali”. Con queste parole Mario Resca, presidente di Confimprese, ha portato un po’ di ottimismo nel suo intervento di apertura, durante un webinar organizzato da ATRI. Un evento in cui il manager era l’ospite d’eccezione, momento di confronto utile per fare il punto della situazione del mercato italiano retail e dell’economia nel suo complesso.
“Altro spunto positivo: il recente cambio di Governo. L’esecutivo di Mario Draghi ha capacità tecniche senz’altro diverse rispetto a quello precedente” ha aggiunto Resca. E certo da Roma ci si aspetta molto a livello di ristori e nella definizione di una strategia chiara, e di lungo periodo, sulla ripartenza. Aspetti, questi, su cui è ancora saldo il cartello “lavori in corso”.
Senz’altro il retail italiano ha bisogno di aiuti concreti. “Le nostre imprese vivono solo se crescono. E per il 2021 hanno annunciato 1200 nuove aperture” ha detto Resca. Ma il panorama nazionale sconta anche diversi limiti, emersi durante il confronto. In cima a tutto c’è la burocrazia, che frena gli investimenti dell’estero. Poi c’è il problema dimensionale. “Il piccolo-è-bello non è più sufficiente per competere e questo è noto da tempo” secondo il presidente di Confimprese. Nonostante questo, fatichiamo come sistema a “produrre” grandi player. La Gdo va bene anche durante la pandemia, ma non abbiamo una sola catena di supermercati che abbia varcato i confini nazionali. Stesso discorso per le catene di hotellerie, nonostante siamo un campione mondiale del turismo. E ora, la crisi creerà inevitabilmente una selezione. “Che di per sé, non è negativa. Si sa, cash is the king si dice in questi casi” ha aggiunto Resca. Quindi, investitori istituzionali o di private equity, con tanta liquidità disponibile, sono pronti a mettersi in portafoglio a prezzi di saldo catene di casa nostra in difficoltà, specie se di piccole dimensioni e con un occhio particolare rivolto al food.
La ricetta per ripartire? “Quale che sia la dimensione aziendale, non cambia. Oggi gli operatori devono curare tutti gli aspetti, senza sottovalutarne alcuno: valore del brand, livello del servizio, rapporto qualità-prezzo, presenza sui canali e-commerce. E lavorare per conoscere il cliente. Una volta lo faceva il bottegaio di persona, oggi si usano i big data e i social, ma il concetto è lo stesso. Il consumatore acquista d’impulso. E tu devi essere subito pronto, con la proposta giusta” secondo Resca.
“A livello associativo, il confronto con Confimprese è importante” ha ragionato in conclusione il presidente di Atri, Stefano Gardini. “L’ultimo anno ha confermato una volta di più come sia indispensabile l’unità di intenti e la maggiore integrazione possibile fra sigle associative, specialmente quando occorre rapportarsi alla politica” ha aggiunto. Quanto al travel retail, la ripresa del business è legata a doppio filo alla ripresa del turismo. La velocità delle vaccinazioni e l’apertura di corridoi aerei “safe” sono condizioni indispensabili, almeno per guardare con fiducia all’estate. Mentre, sul fronte della macchina burocratica, non sarebbe male se il sistema approfittasse del momento per svecchiare alcune rigidità, come ad esempio i bandi di gara per la concessione degli spazi retail negli scali. Un meccanismo lento, che non tiene conto di un dato di fatto: i ricavi retail non sono più ancillari per il business di aeroporti e stazioni, ma ricoprono un ruolo sempre più centrale.