Terminato il lockdown, la speranza di ripartire deve fare i conti con i numeri. E per l’industria del travel retail significa analizzare i dati del trasporto aereo. Per questo ATRI si è fatta promotrice di una serie di webinar per condividere e far emergere quesiti e best practice utili ad affrontare la crisi dovuta al Coronavirus.
Il secondo appuntamento, tenutosi online sulla piattaforma Teams (il 22 maggio), grazie alla collaborazione tecnica di Lagardère Travel Retail, dal titolo Trasporto aereo, situazione e prospettive: Italia, EU, global, ha visto la partecipazione di una quarantina di associati ATRI. Dopo l’introduzione del presidente Stefano Gardini, a guidare la sessione di approfondimento è stato Adolfo Marino, direttore aeroportuale ENAC.
QUI LA PRIMA PUNTATA DEI WEBINAR ATRI.
La premessa
In un contesto in continua evoluzione, con linee guida e raccomandazioni che si susseguono a stretta distanza le une dalle altre, mettere nella giusta prospettiva dati e sviluppi del trasporto aereo ha reso necessario riannodare le fila degli ultimi mesi. «Non appena si ha avuto notizia della diffusione del coronavirus in Cina, ENAC è stata convocata dalla Presidenza del Consiglio e coinvolta dalla Protezione Civile», ha ricordato Marino. Allora, intorno alla metà di gennaio, c’era ancora poca chiarezza sulla reale entità dell’emergenza tanto che nonostante «l’alto livello di attenzione, prendere decisioni è stato molto complicato». Una difficoltà che emerge ancor più chiaramente se si pensa a quali fossero le prospettive per il trasporto aereo pre-Covid: «Al 2040 l’industry si aspettava una crescita del +53% dei movimenti aerei in Europa. Una situazione che avrebbe portato alla congestioni di 19 aeroporti a livello continentale con una conseguenza sull’offerta, pari a 1,5 milioni di voli non serviti, e sulla domanda, con 160 milioni di passeggeri lasciati a terra. In totale, 83 miliardi di euro di mancate entrate», ha ricapitolato Marino. Insomma: eravamo nell’imminenza di una grande fase espansiva. E proprio per questo l’impatto dell’emergenza sanitaria è stato ancor più forte.
Lo stato attuale
Allo stato attuale, a livello europeo, «il mese di aprile ha registrato una riduzione di -235 milioni di passeggeri e a maggio potremmo raggiungere una riduzione di 500 milioni di passeggeri rispetto agli stessi periodi dello scorso anno». Un trend che porterebbe il 2020 a chiudere con una perdita di 32 miliardi di euro (-55%). Per quantificare questo ordine di grandezza, «basti pensare che l’impatto è 14 volte superiore a quello della crisi finanziaria del 2008-09», ha puntualizzato Marino. Tirando le prime somme, l’attesa è quella di un -35-46% a livello di domanda e un -41% per quanto riguarda i passeggeri a fine anno.
Le conseguenze
Cosa aspettarsi, dunque, da uno scenario simile? «Secondo la Iata, a soffrire maggiormente saranno gli aeroporti regionali che operano in una logica di stagionalità; ma anche i grandi hub internazionali sono a rischio», ha sintetizzato Marino. Certo, c’è poi da chiedersi che cosa si intenda, a livello globale, per aeroporti regionali: «Di fatto, con pochissime eccezioni, tutto il sistema italiano può considerarsi un network di aeroporti regionali in cui le conseguenze asimmetriche di un shock simmetrico possono dare risultati totalmente differenti. Per questo la grande domanda che dovremmo porci è: a che tipo di recessione stiamo andando incontro? Una a V o a U?». Di fatto, con un trasporto aereo sostanzialmente azzerato (esclusi i pochi voli cargo e quelli legati ad operazione sanitarie o di rimpatrio) e un Pil mondiale che dovrebbe scendere del -5-9%, la ripresa del traffico aereo si delinea come un percorso lungo. «A riprendersi per primo sarà sicuramente il volo domestico, con tutte le differenze del caso fra un mercato come quello cinese o americano e quello italiano o europeo. Successivamente, sarà la volta del medio-lungo raggio, ma non prima della seconda parte del 2023», ha affermato Marino.
Distanziamento e capacità
Tra i fattori che maggiormente condizioneranno la ripresa c’è il rapporto fra norme di distanziamento sociale e load factor degli aerei. Secondo le ultime disposizioni EASA ed ECDC, pubblicate il 20 maggio, la distanza a bordo dovrebbe essere di 1,5 metri. Eppure, laddove il distanziamento non possa essere garantito per tassi di riempimento, disposizione dei sedili e altre restrizioni operative, allora il requisito minimo ritorna a essere la mascherina. Detto ciò, immaginando una riduzione dovuta al distanziamento consigliato, «la capacità su aerei a tre sedili si ridurrebbe al 62% mentre in un contesto normale, secondo Iata, a livello globale il break even point per 122 compagnie analizzate è al 77% del load factor. Non solo, ma anche considerando la riduzione al 62%, e un tasso di riempimento che solitamente caratterizza le compagnie aree pari o superiore all’85%, il load factor diverrebbe del 53%».